Sezione Cavità Artificiali

La sezione Cavità Artificiali nasce in seno al Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” per precise esigenze di studio e di evoluzione nelle attuali ricerche speleologiche. Essa rientra in quella particolare branca della speleologia che viene individuata con l’appellativo di “Speleologia Urbana”, praticata in un primo momento quasi come un’alternativa alla speleologia classica ha acquistato, col passare degli anni, una connotazione ben precisa nel contesto del nostro Centro. Sotto la guida del socio Marco Meneghini si è guadagnata una propria autonomia di azione, garantita anche dalla competenza del responsabile e da un gruppo di appassionati che con numerosi lavori già eseguiti e studi pubblicati ha già dimostrato la necessaria capacità a svolgere il lavoro di ricerca storica, esplorazione, rilevamento e documentazione. Scopo del nostro lavoro è, oltre ovviamente al piacere e appagamento di una nostra passione, il contribuire a riportare alla luce e preservare i manufatti sotterranei eseguiti dall’uomo nelle varie epoche. Per questo motivo si cerca di farli conoscere ad un più vasto pubblico (attraverso rilievi, foto, videoriprese e pubblicazioni) e sensibilizzando l’opinione pubblica sull’importanza che questi rivestono nella memoria storica della città; della provincia o della regione in senso più ampio.

Le ricerche

Nell’ambito della proficua collaborazione con il Centro per le Ricerche Archeologiche e Storiche nel Goriziano che dura da diversi anni, il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” di Gorizia sta conducendo un’intensa campagna di indagini speleologiche sul Monte Sabotino che, dopo un cospicuo numero di uscite sul campo ed un’intensa attività a tavolino finalizzata all’elaborazione dei dati acquisiti, fornisce finalmente un quadro dai contorni definiti sulla realtà delle caverne di guerra presenti sul Monte Sabotino.
Le ricerche effettuate, in un primo momento erano limitate al versante italiano del Monte, e precisamente dal crinale compreso tra la cima a quota 609 e l’Eremo del San Valentino, comprendendo tutto il versante più a valle, in direzione del paese di San Mauro. Recentemente invece i lavori di rilevamento ed esplorazione degli ipogei di guerra si sono estesi anche nella parte slovena del Sabotino, da quota 609 verso il rifugio “Sabotin” e oltre.
Il lavoro del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” è consistito nell’individuazione sul terreno degli ipogei artificiali, nel successivo posizionamento su una carta topografica e nel rilievo degli spazi interni degli stessi. I dati, così raccolti, sono stati elaborati con la stesura della planimetria della cavità, di una sua descrizione della stessa e nella compilazione di una specifica scheda tecnica, che viene regolarmente inviata al Catasto delle Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana con sede a Trieste. 

Sul Monte Sabotino sono stati rilevati sinora una ottantina di ipogei, la maggior parte dei quali situati lungo la linea di cresta.

Le caverne presenti sono alle volte molto articolate e con notevole sviluppo, con ambienti interni spesso ampi: si tratta di cannoniere per pezzi di artiglieria di medio e piccolo calibro, che sparavano sulle posizioni Austro-Ungariche del Monte Vodice, del Monte Santo e della Bainsizza, dotate dei relativi osservatori, depositi munizioni e ricoveri per la truppa nonché posti di comando, magazzini ed ogni altro tipo di servizio necessario a rendere l’intero Monte Sabotino una poderosa fortezza.
Nonostante gli importanti risultati sin qui ottenuti, l’indagine speleologica è tuttora in corso, in quanto rimangono da elaborare i rilievi delle ultime cavità esplorate e devono essere effettuati ulteriori sopralluoghi finalizzati ad individuare nuovi ipogei.
C’è da segnalare un fatto particolare: nel corso delle ricerche sul campo, non è stata scoperta alcuna grotta di origine naturale; per contro, il Sabotino è costellato da estesi fenomeni di carsismo superficiale (vaschette di corrosione, karren ecc.) che rendono ancora più suggestivo un ambiente naturale la cui bellezza costituisce un raro tesoro per la città di Gorizia. 

 

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