Giovanni Fortunato Bianchini

Visse intorno alla prima metà del 1700, purtroppo non ho trovato alcuna documentazione riguardante la vita e le origini di questo studioso, ma da quanto egli scrisse e soprattutto da come egli, nei suoi scritti, si rivolge al conte Guido Cobenzl (… Signor Conte mio Signore …) presumo si trattasse comunque di un cittadino della Contea di Gorizia.
Del resto era ben conosciuto nella nostra città e godeva di una certa credibilità se il Catinelli lo cita più volte nel suo studio sul Timavo. Con molta probabilità quel Conte Guido Cobenzl a cui egli si rivolge, per assonanza di nome e corrispondenza di date, potrebbe essere individuato in un certo Guidobaldo Cobenzl.
Questi era figlio di Giovanni Gasparo e Carlotta di Rindismaul; Guidobaldo nacque, infatti, nel 1716 presumibilmente a Gorizia visto che la nobile famiglia dei Cobenzl possedeva, dal 1597, un palazzo nella nostra città.
Nel 1780 egli, assieme al Coletti, fondò l’Accademia degli Arcadi Romano Sonziaca; uomo di raro ingegno e di lettere, di erudizione profonda in diverse materie, eccelleva in modo particolare nelle scienze naturali.
Il Cobenzl era anche barone di Prosecco, di Luegg, di Mossa, signore di S. Daniele e di Reiffniz.
Il nobile signore al quale il Bianchini scriveva nel 1754 poteva pertanto essere proprio il sopracitato Guidobaldo Cobenzl; a parte la corrispondenza del periodo storico in cui i due vissero, a suffragare tale ipotesi è importante osservare che quest’ultimo aveva la giurisdizione del Castello di Lueg, il famoso castello costruito all’ingresso di una grande caverna non lontano da Postumia, l’attuale castello di Predjama.
Al proposito possiamo leggere in un passo delle “Osservazioni intorno al fiume Timavo” scritte dal Bianchini rivolgendosi al conte suo signore: ” … e ‘l Fiume di Luego, sotterraneo Fiume non piccolo che passa sotto Luego nobile Castello di vostra giurisdizione. … ”
Nel leggere questo lavoro, dunque, non si può che rimanere colpiti, in senso positivo, dalle numerose osservazioni che egli riporta sul fenomeno carsico esistente nell’area tra Duino e S. Canziano.
Ed è proprio nel corso di queste sue ricerche che egli descrive la particolarità del paesaggio carsico in un linguaggio molto semplice e allo stesso tempo incisivo. Riporterò qui di seguito uno stralcio delle osservazioni eseguite dal Bianchini nel corso di una delle sue escursioni, là dove egli tenta di suffragare l’ipotesi che nessun altro fiume oltre al Recca interviene ad ingrossare le acque del Timavo nel tratto tra S. Canziano e Duino.
Egli scrive: ” … E mi confermai nella massima camminando nel mese di Ottobre dell’anno 1753 per lungo tratto di que’ monti più vicini al Castello di Duino, senza incontrar mai né fiume né fonte né ruscello né pozzo: gli vidi però da capo a piedi e per ogni parte pieni di mille fori, di scavature e di fosse profondissime: esaminato in più luoghi il sasso che gli compone, lo trovai sempre fragile, e pieno di fessure e di pori facilissimi a dare alle pioggie ed alle nevi libero adito di penetrare in dentro: conobbi benissimo la facilità dell’acqua in penetrare il sasso, dal considerare la troppo stentata coltivazione che quivi si pratica; poiché scelgono i poveri Abitatori certi siti più bassi e scavati a guisa di larghi pozzi (evidentemente sta parlando delle doline. N.d.A.), ne coprono il fondo sassoso di terra e letame, vi seminano le biade per metterle in salvo da’ venti gagliardissimi, ne ritraggono giusta ricolta, e questa vien sovente pregiudicata dal secco, e non mai dalle piene o dalle pioggie più dirotte … “.
Il lavoro del Bianchini è tutto teso, come si vede e come egli afferma più avanti, a scoprire il perché la portata del Timavo alle bocche di S. Giovanni di Duino è molto maggiore rispetto a quella registrata all’ingresso del Recca nelle Grotte di S. Canziano.
Nel fare ciò egli ci porta a conoscenza dei lavori svolti dal Padre Pietro Imperati#, vissuto presumibilmente nella seconda metà del 1500, che per primo dimostrò la continuità sotterranea tra le acque del fiume Recca e quelle del Timavo. Il Bianchini, infatti, era venuto a conoscenza nel 1752 del voluminoso carteggio avvenuto tra l’Imperati ed il grande naturalista bolognese Ulisse Aldrovandi; in particolare egli riporta il testo, scrupolosamente in latino, di una lettera riguardante appunto le esperienze fatte dal religioso per accertare l’effettiva continuità sotterranea tra i due fiumi.
Dal momento che tale vicenda si integra ed è complementare alle ricerche svolte dal Bianchini, vale la pena di aprire una breve parentesi per illustrare sommariamente l’opera svolta da Padre Pietro Imperati.
Lo stesso Bianchini ricorda che il frate era uno scrittore molto scrupoloso e credibile sull’argomento trattato, nonché colto nello stile latino. La lettera, di cui parla l’Autore, è probabilmente indirizzata proprio all’Aldrovandi e risponde a precise richieste formulate dal naturalista bolognese, per questo motivo egli sottolinea e precisa: ” … Timavum amnem pluris invisi, plura de ipso scrutatus sum. Non te fugit, veteres vel septem, vel novem huic dedisse ostia: ipse ego plura quam duodeviginti numeravi, & quidem majora; quorum alia vasto scatent gurgite, alia innumeris ebullitionibus. … “#
Padre Imperati ci parla inoltre dei suoi famosi esperimenti effettuati per accertare la continuità sotterranea tra il Recca e il Timavo, non ci è dato di sapere come egli sia riuscito ad eseguirne i necessari controlli, ma le sue descrizioni sulle modalità di esecuzione sono molto precise, al proposito così si esprime: ” … Mersi fluminis cursus a voragine usque ad ostia tribus experimentis fatis innotuit, primò injecta alga marina bene sicca, dein foliis quarundam plantarum alienigenarum, & praesertim pini atque cupressus, demum paleis frumenti in frusta redactis; at nondum satis exploratum est, undenam tanta aquae copia; ostia enim longe superant fontes. …”.
Come si vede egli, oltre ad aver intuito l’esistenza di una certa relazione tra i due fiumi, volle accertarsi dell’effettiva continuità con degli esperimenti che, se oggi possono sembrare alquanto semplicistici, ebbero pur sempre dei risultati positivi.
Il Bianchini dunque, dando per scontata la continuità sotterranea del Timavo con il Recca, si chiese perchè la portata d’acqua registrata alle bocche di S. Giovanni di Duino fosse di gran lunga superiore a quella del fiume all’entrata nelle Grotte di S. Canziano.
In un primo momento egli ipotizza sulla possibilità che altri corsi d’acqua sotterranei intervenissero ad alimentare il Timavo, a tale proposito egli cita il lago di Circonio (Cerkniško polje – Slovenia) ” … e tosto mi venne in pensiero il Lago di Circhnizza, ampio Lago posto all’Oriente del Cragno, ed assai famoso per le maraviglie riferite da’ Geografi e dagli Storici, e che tuttavia si appalesano per vere al giorno d’oggi ….” e il fiume Lokva che entra nella grotta sotto il castello di Predjama.
La seconda ipotesi fu ben presto scartata in quanto egli si rese conto che queste acque, in effetti, defluivano verso la valle del Vipacco: ” … E poca fatica costò l’esame intorno al Fiume (il Lokva, N.d.A.), per essersi scoperta subito la sua corrente del tutto opposta al declivio del Recca e del Timavo: e di più si trovò vera alla prima l’antica costante tradizione degli Abitanti vicini, la quale porta ch’egli rinasca più gonfio alle sorgenti del Vipacco; appalesandosi quivi la polvere e le raschiature molte del legno, provenienti dal molino a sega eretto nelle pertinenze del Castello, e girato dalle stesse acque prima di perdersi sotterra. …”.
La prima ipotesi invece venne tenuta più in considerazione in quanto esisteva una credenza popolare in cui si affermava che ogni volta che il lago di Circonio si vuotava, si assisteva ad un innalzamento delle acque del Timavo ed infatti il Bianchini dice: ” … Ma non tanto facili e piane riescirono le ricerche intorno al Lago, e le difficoltà si resero sempre maggiori da certa mal fondata credenza invalsa fra’ Contadini del Carso, facili ad asserire, che alle maggiori crescenze del Recca sepolto, abbia parte il Lago Circhnizza, benchè egli sia in distanza di quaranta e più miglia da San Giovanni di Duino: e di ciò (dicono essi) abbiamo prova sicura dall’anitre gittate nel Lago, e comparse dopo qualche tempo sane e vispe giù per la corrente del Timavo. … “.
Egli esaminò quindi altri fiumi situati nelle vallate adiacenti il lago di Circonio ma alla fine dovette constatare e arrivare alla conclusione che non ci fossero altri corsi d’acqua ad alimentare il Timavo sotterraneo oltre al Recca. Per raggiungere tali certezze il Bianchini si improvisò “speleologo” e visitò numerose cavità nella zona tra Duino e S. Canziano, ” … scopersi infine molte voragini aperte qua e là, e tutte profonde; e non seppi in più d’una di esse trovare il fine, a motivo della troppo scabra tortuosa frattura; in altre gittando più volte sassi, gl’intesi bene dopo lungo cadere perdersi nell’acqua; e massime in due aperte a perpendicolo trovai una profondità di venticinque braccia di sasso, e di tre braccia e più d’acqua stagnante. … “.
Tale cronaca, redatta nell’anno 1753, sta a testimoniare tra l’altro uno dei più antichi resoconti di una metodica “campagna speleologica” eseguita sul Carso, ma per quello che mi riguarda essa è senza dubbio un’importante testimonianza dell’attività speleologica svolta nell’ambito del territorio goriziano.

 


Bibliografia

Bianchini G. F., 1754. Osservazioni intorno all’uso dell’elettricità celeste e sopra l’origine del fiume Timavo riportate in due letture. Tip. G. Pasquali, Venezia: 1-92.

Bianchini G. F., 1754. Osservazioni intorno al fiume Timavo scritte in una lettera al Nobile ed Erudito Signore Guido Conte Cobenzl. Tip. G. B. Pasquali, Venezia: 44-92.

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