Carlo Hugues

La figura di Carlo Hugues riveste una particolare importanza per la storia della ricerca scientifica a Gorizia.
Pur essendosi distinto soprattutto nel campo dell’agronomia, i suoi studi, come vedremo, lo porteranno ad interessarsi in modo esemplare anche al carsismo. Le sue ricerche si svolsero prevalentemente in Istria avendo egli nel 1881 assunto la direzione della Stazione Sperimentale Eno-pomologica di quella zona.
Ed è proprio sulle coste della penisola Istriana che verranno svolte, sotto la sua direzione, alcune importanti esplorazioni in grotta e osservazioni sul fenomeno carsico esterno. In particolare egli studia il percorso del fiume Foiba che viene inghiottito dalla grande cavità che si trova proprio ai piedi del paese di Pisino; i numerosi dati raccolti in questo periodo permetteranno all’Hugues di dare alle stampe nel 1903 una dettagliata monografia sull’idrografia sotterranea nelle regioni carsiche.

Gli Hugues appartenevano ad una famiglia di antica nobiltà di origine francese, la quale emigrò in Italia nel 1792 per sfuggire alla Rivoluzione ed in un primo momento si stabilì a Pinerolo per poi spostarsi a Casale Monferrato.
Pierre Joffroy, nato nel 1740 nel castello di Abries in Provenza, è da considerare il capostipite della famiglia ma è con il figlio di questi, Pietro Giuseppe, che ha origine veramente la famiglia italiana degli Hugues.
Carlo, figlio di quest’ultimo, nacque a Casale Monferrato il 9 febbraio 1849.
Appena iniziati gli studi tecnici-agrari ebbe per maestro G.A. Ottavi nell’Istituto Leardi della sua città. 
A vent’anni già cominciava la sua vita di docente in Scuole pratiche d’agricoltura e fu per qualche tempo a Perugia, Assisi e Spoleto. 
Risalgono a quegli anni le sue prime pubblicazioni. Questi primi saggi fecero conoscere il suo nome anche al di là di quelli che allora erano “gli iniqui confini” del Regno d’Italia. Tanto che l’antica e stimata Società Agraria Roveretana lo chiamava come suo Segretario e ad un tempo Direttore della Scuola Agraria di Rovereto. Rimase nel Trentino (allora sotto l’Imperial Regio Governo Austriaco) dal 1874 al 1882.
Anche di quel periodo ci restano varie sue pubblicazioni. Ma l’opera veramente eccezionale di Carlo Hugues doveva esplicarsi col suo passaggio dal Trentino all’Istria. Già nel 1881 la “Dieta provinciale dell’Istria” aveva fatto appello a lui per una missione straordinaria destinata a dare un nuovo indirizzo per la viticoltura di quelle terre.
Malgrado che nell’Impero Austro-Ungarico già operassero specialisti d’altissimo livello in viticoltura ed enologia, nel 1882 la Dieta provinciale dell’Istria, volendo dare un nuovo assetto alla “Stazione Sperimentale eno-pomologica” e all’annessa “Scuola agraria provinciale” di Parenzo, chiamava l’Hugues ad assumerne la Direzione. Per un periodo relativamente breve (poco più di tre lustri) egli si dedicò al suo nuovo incarico, tra innumerevoli difficoltà ambientali, basti ricordare che l’Istria di cento anni fa non era certo quella di oggi.
E’ in questo periodo che l’Hugues, come abbiamo già ricordato, scopre il magico mondo delle grotte e dedica una parte delle sue complesse ricerche anche al mondo sotterraneo. Sembra davvero incredibile che l’Hugues abbia potuto compiere con ben modesti mezzi e scarso personale, una mole così imponente di lavoro sperimentale. Nel 1889 egli dava alle stampe a Parenzo il primo volume di una monografia dedicata all’agronomia dell’Istria. Oltre a dedicarsi quindi agli studi storici, geografici, economici e sociologici di quelle terre, egli fu membro della Commissione sanitaria e Segretario del Consiglio Agrario Provinciale. Purtroppo, un lavoro così massacrante, aggiunto ai disagi che comportavano le sue peregrinazioni a cavallo o a dorso di mulo attraverso la penisola istriana, ebbe ragione della sua fibra eccezionalmente robusta.
E così nel 1901 egli si trasferì a Gorizia, che allora era considerata, per il suo clima dolce, il luogo di riposo di molti funzionari dell’ex-impero Austro-Ungarico. Ma egli non era uomo da restare inattivo. Assunse pertanto l’ufficio di Segretario della secolare Società Teresiana di Gorizia, dove ebbe modo di svolgere un’intensa attività. Durante la guerra venne internato presso Lubiana. Terminato il conflitto egli ritornò nella sua Gorizia continuando nella sua opera letteraria e di studio.
Nel 1934 un’anemia cerebrale pose fine alla sua mirabile attività.

Nel ridotto panorama speleologico goriziano pochi sono coloro che si sono dedicati allo studio del carsismo; senz’altro il nome di Carlo Hugues spicca su tutti. L’enorme mole di lavoro da lui svolta nel campo delle scienze naturali ha dato non poco lustro alla città di Gorizia.
Se andiamo a rileggere i numerosi scritti che l’Autore ci ha lasciato, appare subito evidente la sua costante ricerca e lo studio della natura al fine di utilizzarla al meglio e metterla al servizio dell’uomo. Egli, tra il 1880 ed il 1920, svolge una notevole massa di lavoro distinguendosi in particolare nello studio sull’agronomia dell’Istria.
Tali studi, sebbene eseguiti in condizioni pionieristiche, erano condotti con spirito innovativo e moderno, per l’epoca; essi sono oggi di estremo interesse, perché ci permettono di capire a fondo le profonde motivazioni che avevano spinto l’Hugues allo studio dell’Istria. 
Attraverso questi lavori, tra l’altro possiamo constatare, per quanto ci riguarda, che l’Hugues aveva condotto delle ricerche parallele che lo avevano portato ad esplorare e studiare il percorso sotterraneo delle acque circolanti all’interno dell’altipiano carsico dell’Istria. La sua caparbietà e tenacia nell’esplorazione furono veramente mirabili, in un periodo in cui, bisogna ricordare, il territorio istriano era tutt’altro che ospitale, caratterizzato più che altro dall’assenza quasi totale di buone strade carrozzabili (ai tempi dell’Hugues in Istria l’automobile era ancora quasi sconosciuta). L’assenza di energia elettrica, l’estensione dei boschi o di macchie quasi impenetrabili, sembrava favorire inoltre anche l’insicurezza degli “esploratori” che vi si avventurassero. 

Le Ricerche

Nonostante tutte le difficoltà oggettive, Hugues riuscì a individuare diverse cavità naturali e a descriverle dal punto di vista scientifico; perciò, anche se non possiamo considerarlo uno speleologo nel termine classico della parola, possiamo senz’altro individuare nella sua attività uno dei primi esempi di ricerca speleologica finalizzata allo studio di un progetto dalle ampie dimensioni.
Egli, infatti, aveva capito che per lo sviluppo agricolo dell’Istria era necessario trovare l’acqua; quell’acqua che scorreva liberamente nel sottosuolo carsico. Fu, infatti, merito suo e dei suoi studi se l’Istituto Agrario Provinciale di Parenzo, nonché l’annessa Stazione Sperimentale dell’Istria, assursero in pochi anni ad una fama europea. Grazie ai suoi metodi, i vini che si producevano nella sua Cantina sperimentale e nelle Cantine indirizzate dai suddetti Istituti potevano conquistare, nel 1890, una stupefacente vittoria all’esposizione internazionale di Vienna.
Fu dunque un instancabile studioso, ma con un senso molto pratico delle cose vista la sua tendenza a mettere in pratica la teoria appresa in laboratorio. E’ in questo contesto che dobbiamo inquadrare l’opera di esplorazione sotterranea da lui svolta. Purtroppo, le ricerche da me svolte non mi hanno consentito di scoprire i mezzi con i quali egli affrontava la discesa di queste voragini carsiche e nemmeno mi è dato di sapere con chi. Ma, visto che verso la fine del 1800 i gruppi speleologici non erano una realtà affermata come quella attuale, anzi erano pochissimi e quasi tutti localizzati a Trieste #, credo che Carlo Hugues per le proprie ricerche si avvalesse del lavoro di operai locali, come del resto faranno più tardi anche altri grandi esploratori operanti a Trieste ed in zone limitrofe. Eppure tra le cavità da lui scoperte in quegli anni, ce ne sono alcune la cui esplorazione, piuttosto impegnativa, avrebbe messo in seria difficoltà anche gli speleologi più esperti.
Dell’Autore, in particolare, ci rimane una monografia dedicata alla ricerca delle acque sotterranee in Istria intitolata: “Idrografia sotterranea Carsica – I provvedimenti di acqua potabile nelle regioni carsiche” in cui egli, attraverso un’analisi precisa del carsismo locale, illustra la propria concezione su tale particolare tipo di fenomeno che risulta essere nettamente in contrasto con alcune teorie che all’epoca andavano per la maggiore.
Egli per primo intuisce il ciclo e il comportamento delle acque nelle zone calcaree istriane e per primo intuisce che il sottosuolo carsico rappresenta una riserva inesauribile del prezioso elemento (bisogna tener presente che siamo nella seconda metà del 1800). E, ancora nella sua voluminosa monografia, possiamo riscontrare con quale meticolosità egli descrive e analizza i fenomeni carsici riscontrati, traendone delle conclusioni basate su concezioni puramente scientifiche, cosa certamente ammirevole per l’epoca. Bisogna tener presente, infatti, come è stato già detto, che in quegli anni la speleologia non era certo praticata e conosciuta come oggi e ancor meno lo erano gli studi sul carsismo.
E’ curioso, pertanto, riscontrare come l’Hugues basandosi sulla distribuzione statistica delle “foibe”# situate lungo il percorso ipotetico di alcuni fiumi sotterranei dell’Istria e del Carso Triestino tra cui il Timavo (Fig. 21), metta in relazione la portata delle polle sottomarine individuate lungo il litorale Giuliano-Istriano in base al numero e alla distribuzione areale delle suddette “foibe” e la piovosità media annuale della zona in cui si trovano. Giunge così a paragonare in modo logico e chiaro l’idrografia sotterranea carsica ad un vero e proprio bacino idrografico di superficie in cui le cavità sono i principali affluenti di un unico collettore sotterraneo che sbocca poi con le proprie acque lungo il litorale antistante.
L’Autore è talmente convinto di ciò tanto da dire: … “Le foibe, conformate a grandi imbuti, raccolgono e mandano giù nel sottosuolo l’acqua piovana caduta entro il loro perimetro. Sotto ad un allineamento di foibe, deve quindi necessariamente coincidere sotterra un corrispondente allineamento di fili d’acqua. E questa coincidenza è fatta tanto più sicura, dal momento, che alla terebrazione delle foibe ha servito di causa iniziale , l’esistenza di una fessura, o diaclasi, nella roccia; fessura o diaclasi, che si è poi prestata al facile passaggio dell’acqua piovana mandata giù dalla foiba nel sottosuolo. – Ciò spiega come l’allineamento delle foibe coincida coll’allineamento dei fili e delle correnti d’acqua sotterra;” …
Ed inoltre: … ” Tra i condotti sotterranei, in cui scorre l’acqua nel sottosuolo, e l’atmosfera sovraincombente, intercorrono costanti rapporti d’equilibrio di pressione; che si manifestano all’esterno, coi pozzi soffianti, e con le fessure soffianti, da cui si possono trarre utili indicazioni sul corso delle acque sotterra, specie coll’aiuto del microfono;” … (Hugues, 1903 – pag. 59-60)#.
Da quanto riportato sopra si deduce pertanto che lo studioso goriziano aveva avuto un’intuizione non da poco nell’ipotizzare che le numerose depressioni doliniformi, esistenti sul Carso, erano originate dalla presenza di una o più fratture della roccia sottostante.
Arrivare poi a mettere in relazione gli eventi atmosferici, le piene dei fiumi sotterranei, con il fenomeno delle fessure soffianti, è stato senza dubbio un fatto di grande importanza e novità nello studio del carsismo. Egli intuisce tra l’altro che il carsismo profondo doveva avere una genesi dall’alto verso il basso e non viceversa come avrebbe sostenuto invece il Maucci molti anni più tardi con la nota teoria dell’erosione inversa. 
Nella sua lunga dissertazione sull’idrografia sotterranea nei territori carsici, l’Hugues intuisce dunque l’importanza delle fessure soffianti, esistenti sul Carso istriano, che egli chiama “meati eolici” e paragona ai più noti e ben conosciuti “pozzi eolici”. La scoperta di una serie di tali fessure lungo il litorale istriano gli consente di formulare le proprie ipotesi sull’esistenza di una stretta relazione tra le polle d’acqua dolce sottomarine esistenti in prossimità della linea di costa e queste ultime.
Già altri autori, tra cui il Lorenz #, avevano notato la presenza di polle d’acqua dolce scaturire sul fondo marino lungo il litorale istriano, però non erano riusciti a capire corettamente il loro significato e a metterlo in relazione al fenomeno del carsismo.
L’Hugues invece era ben cosciente di questo fatto, dal momento che i suoi studi sono tutti improntati a dare un preciso significato e connessione tra il carsismo locale e le scaturigini d’acqua dolce provenienti dal fondo marino. 
Nella sua monografia, infatti, egli afferma: “… Questi meati eolici, la cui scoperta era valsa a darmi, prima d’allora, una spiegazione scientifica ad una antichissima locale tradizione, che accenna a rumori sotterranei lungo la spiaggia ed entro terra, corrispondono ai ben noti fenomeni dei pozzi eolici; e cioè dei pozzi d’acqua viva soffianti di Udine, di Grion del Torre, di Coseano e di Cisterna nel Friuli, per cui cotali pozzi, alle piogge sciroccali, emettono boati e schiantano talvolta il coperchio; mentre detti soffi si constatano pure sopra il corso sotterraneo della Foiba di Pisino, quando, per le piene del fiume, si ottura l’ingresso della caverna; e quindi l’acqua, comprimendo l’aria nella grande caverna sotterranea, sul cui fondo la Foiba sparisce in un laghetto, scoperto, a mezzo d’una barca smontabile, dall’illustre Martel #, costringe l’aria. compressa contro la volta della caverna suddetta, a trovare sfogo all’aperto, in alto, tra i meati del monte. …” (Hugues, 1903 – pag. 10). 
Qui l’Autore, come in altre parti del testo, dimostra di conoscere molto bene la Foiba di Pisino (194 VG) e tutta la fenomenologia legata a questa grande cavità. Molto probabilmente egli ha potuto non solo visitarla, ma anche fare delle lunghe osservazioni nei periodi di forti piogge, altrimenti non si spiegherebbero le sue affermazioni sulla presenza di fessure soffianti nella zona sovrastante la grotta stessa (Fig. 22-23).
Le sue indagini comunque non si limitavano solo alla conoscenza delle maggiori e più conosciute cavità dell’Istria, anzi da un capitolo del suo pregevole lavoro si deduce che i suoi interessi erano indirizzati anche verso numerose cavità minori. Sempre nell’ambito della ricerca dell’acqua potabile egli indaga ed esplora diverse grotte della costa occidentale e meridionale istriana tra Pola (Pula), Dignano (Vodnjan), Pisino (Pazin) e Parenzo (Porec).
Egli ne elenca diverse, alcune delle quali verranno rilevate dal Boegan negli anni tra il 1901 e il 1907, ma altre invece sembrano completamente inedite. L’Hugues, esplorando la penisola istriana, segnala in diverse località la presenza di grotte, pozzi e abissi che tra l’altro saranno riportati più tardi, nel 1926, anche nel volume “Duemila Grotte”; ho ritenuto opportuno pertanto riprendere ed indicare qui di seguito, tra parentesi, accanto al nome della cavità anche il relativo numero di catasto. 
Nei pressi di Dignano ne indica ben cinque tra cui il Pozzo Manzin; l’Abisso S. Lucia (281 VG); il Pozzo Delton (282 VG); il Pozzo Bonaparte (283 VG) e il Pozzo Camarzan (284 VG).
Di queste cavità, la prima, all’epoca non risultava ancora rilevata sebbene la notevole profondità (m 127.80) dovesse conferirle una discreta importanza.
Inoltre egli segnala: 
– a Villanova di Parenzo, sul fondo di una profonda dolina, una caverna con evidenti tracce di smaltimento delle acque.
– a S. Lorenzo del Pasenatico la Grotta di Medivich (219 VG) sembra non interessarlo particolarmente anche se ricca di concrezioni.
– nei dintorni di Umago (Umag) segnala altre tre; la Grotta della Madonna del Carso (187 VG) che si apre presso l’omonimo paese con un pozzo profondo 22 metri, ma senza tracce d’acqua sul fondo e, secondo la tradizione popolare comunicante con il mare. La grotta di Nigrignano (209 VG) profonda 14 metri; la grotta Porto Madonna (186 VG), molto ampia suborizzontale, ma anch’essa priva di tracce d’acqua.
Inoltre l’Hugues affermava di conoscere altre cavità che evidentemente avrebbero meritato un’attenta esplorazione, ma purtroppo, non essendo state riportate sul “Duemila Grotte” nè su altre riviste, non sono riuscito a individuarle come grotte conosciute.
Mi limiterò pertanto a riportare qui di seguito quanto egli aveva affermato: ” … Altre voragini, che meriterebbero d’essere esplorate, sarebbero la voragine di S. Giovanni di Sterna, che approssimativamente riterrei profonda circa 100 metri; la voragine di Mompaderno, in parte colmata con sassi, ma profonda forse ancora 80 metri; quella di Susnic più sotto del quadrivio di Mompaderno che, a giudicare dal getto dei sassi, dovrebbe avere una profondità non inferiore a 100 metri, e che si trova sul fondo di una conca di cui funziona da scaricatore dell’acqua piovana; e finalmente quella presso Dvor sul Carso di Buie, profonda oltre 80 metri. Per tutte queste voragini la tradizione non accenna all’esistenza di acqua. ….” (Hugues, 1903 – pag. 32-33). 
Come è stato già detto, dunque, e come risulta da quanto riportato qui sopra si può desumere che lo studioso goriziano conosceva molto bene le cavità dell’Istria e spesso ne eseguiva personalmente l’esplorazione. Del resto era sua abitudine verificare sul posto quanto egli aveva ipotizzato teoricamente a tavolino, inoltre, in più occasioni aveva dimostrato di possedere un notevole spirito d’avventura e quel tanto di curiosità, tipico dei ricercatori di fine secolo, che gli permetteva di affrontare notevoli rischi per il puro piacere di conoscere.
Egli, tra l’altro, è perfettamente a conoscenza dei lavori di ricerca e studio che stava conducendo Federico de Comelli, sull’altipiano della Bainsizza presso Gorizia per la ricerca dell’acqua potabile. In varie circostanze egli elogia l’operato del suo grande concittadino e non disdegna di biasimare l’amministrazione locale che, non avendo prestato fede a quanto andava affermando il Comelli sull’impossibilità di usufruire dell’acqua del Merzlek, aveva egualmente, ma inutilmente, fatto scavare un grande pozzo di captazione non lontano da Salcano (C. Hugues, 1903 – pag. 56). 
Quella dell’Hugues, dunque, è una monografia basilare per capire gli aspetti fondamentali del fenomeno carsico presente sul territorio istriano. Egli prende in esame alcuni particolari del carsismo locale per metterli in relazione alla presenza dell’acqua nel sottosuolo; stabilisce dunque una stretta relazione tra le morfologie superficiali (doline, pozzi, ecc.) ed il percorso ipotetico dei principali corsi d’acqua ipogei esistenti sul Carso, tra Dignano, Pisino e S. Canziano.
Attraverso delle dettagliate analisi, infatti, lo studioso mette in luce il rapporto esistente tra la distribuzione delle doline per Kmq ed i sottostanti ed ipotetici corsi d’acqua sotterranei.
Al proposito egli riporta: ” … Ricercammo quante foibe per chilometro quadrato si riscontrino, in media, sul Carso dell’Istria, di Trieste e della Carniola, e giungemmo ai seguenti dati interessanti. Sul Carso di Trieste e lungo il probabile percorso sotterraneo del Recca, e precisamente pei dintorni di Fernetich, dove si notano le fessure e i pozzi soffianti (e dove, secondo il nostro tracciato, si dovrebbero riunire nuovamente i due rami in cui il Recca si biforca per Corgnale da una parte, e per Trebiciano dall’altra) trovammo 17 foibe al Km quadrato. Sopra la grotta di Trebiciano, 36 foibe al Km quadrato, e sopra quella di S. Canziano 16.” … ” l’Autore poi prosegue ” … Prescindendo dal riscontro che questo agglomerato di foibe trova col corso sotterraneo dei fiumi Recca, Poik, Unz, Gaca, Lica ecc. è certo ad ogni modo, che ad una così enorme quantità di cavità imbutiformi, fungenti da naturali bacini subaerei di raccolta delle acque meteoriche, debba fare riscontro nel sottosuolo la presenza di corrispondenti bacini di raccolta e di deflusso, …” (Hugues, 1903 – pag. 28-29). 
Troppo lungo sarebbe in questa sede riportare un’analisi completa del lavoro svolto dall’Hugues nella sua monografia, possiamo però senz’altro dire che i vari capitoli trattano in modo dettagliato e con una ricchezza di particolari e argomentazioni scientifiche, veramente uniche, tutti gli aspetti del carsismo locale.

 


 

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