Alvise Comel

Dobbiamo precisare innanzitutto che il Comel non si è mai dedicato alla speleologia in senso stretto della parola, va ricordato però che egli nel corso dei suoi studi sulla pedologia, di riflesso, ha affrontato lo studio del carsismo con notevole professionalità e competenza.
Nato a Rovereto (Trento) nel 1902, da padre goriziano (il pittore Luigi) e madre di Latisana, si laureò in scienze agrarie a Milano fu libero docente in geologia applicata dal 1939 all’Università di Bologna.
Su proposta del prof. V. Alpe nel 1924 giunse alla Stazione di Udine dove venne assunto quale assistente di ruolo nel 1925 dopo il servizio militare. Nel 1941 fu richiamato alle armi e destinato in Albania da dove rientrò nel 1944. Nel 1948 assunse la direzione dell’Istituto Chimico Agrario Sperimentale di Gorizia, nel 1956 quella della Stazione Chimico Agraria Sperimentale di Udine e nel 1968, come già ricordato, fu nominato direttore dell’Istituto di Firenze.
E’ autore di circa 190 saggi e pubblicazioni, alcune delle quali vanno segnalate per la notevole mole di scrupoloso lavoro bibliografico. La sua vasta produzione scientifica, in gran parte dedicata allo studio del suolo, ha portato un forte contributo alla conoscenza dei terreni della regione dal punto di vista geomorfologico.
Nella motivazione per il Premio Epifania, conferitogli nel 1981, si legge: “Geologo e ricercatore di chiara fama nel campo della sperimentazione chimico agraria, ha allargato le conoscenze scientifiche sul territorio del Friuli anche in relazione alle esigenze dell’agricoltura, con una copiosa attività pubblicistica spiegata fin dal 1923”.
Oltre ai già citati studi relativi alle province di Gorizia, Udine (comprendente anche l’attuale territorio della provincia di Pordenone), Treviso, Venezia, Padova, Vicenza e ai quattro volumi della Monografia dei terreni della pianura friulana, vanno poi ricordate le numerose pubblicazioni su ferretti, terre rosse, terre brune e nere di varie località anche non regionali e di territori non italiani; inoltre la Guida per lo studio pratico del terreno (1937) e i trattati: Elementi di pedologia climatica (1937), Il terreno agrario (1940), Il Friuli: illustrazione dei terreni agrari (1955), Il terreno (1972), Le basi pedologiche per la valutazione dei terreni (1975).
E’ interessante segnalare tra le opere di questo studioso, un breve saggio del 1923 intitolato: “Alcune ricerche sull’antico lago del medio Isonzo” dove egli usando tutte le sue conoscenze scientifiche si impegna a confutare le teorie del barone Carl von Czörnig sull’esistenza, in tempi antichi, dell’ipotetico grande lago (il leggendario Lacus Timavi) che si credeva fosse esistito nei pressi di Gabria# in corrispondenza della confluenza tra il Vipacco e l’Isonzo.
Secondo il Czörnig e altri autori le acque del lago davano origine al percorso sotterraneo del fiume Timavo attraverso alcune grandi caverne situate alle pendici del Carso tra i paesi di Gabria e Rupa.
Il Comel, dopo aver analizzato tutti i dati metrici e tecnico-scientifici tesi ad avvalorare l’inesistenza di questo bacino d’acqua afferma che molto probabilmente l’errore in cui sono incorsi i vari autori è dovuto ad una cattiva interpretazione dei testi storici consultati.
Egli pertanto afferma: “… Le notizie storiche portate dal Bizzarro# sono ben molto, ma molto incerte. Anzitutto egli attribuisce il “Lacus Timavi” citato da Livio, a quello da lui descritto che, cioè, si estendeva da Gradisca-Mainizza-Ottok.
Interpretazione questa completamente errata, che leggendo T. Livio (Hist. XLI. 1 riga 5) facilmente si toglie l’equivoco; infatti egli così dice : Profectus ab Aquileia consul castra ad lacum Timavi posuit; inminet mari is lacus. 
Sicchè il “Lacus Timavi” non è il lago nelle pagine precedenti descritto, bensì il lago di Pietrarossa oggi vasta palude. Opinione questa confermata da Nissen H. (Italische Landeskunde; Berlin 1902) il quale parlando del Timavo dice che l’ottava sorgente proveniva dal Lago di Pietra Rossa (Lacus Timavi) … “. 

Negli anni tra il 1980 e 1983 vengono pubblicate sotto il suo coordinamento e per iniziativa degli Enti della regione Friuli-Venezia Giulia a tale fine preposti, alcune carte tematiche per l’uso del territorio.
Tra i vari saggi pubblicati vanno segnalati in particolare alcuni lavori da lui eseguiti in relazione alla presenza di terre rosse sul Carso ed in modo più esplicito in alcune grotte.
E’ questo delle terre rosse un argomento legato, se vogliamo, al carsismo che il Comel studia e approfondisce in modo esemplare.
Alcuni dei suoi scritti, infatti, sono dedicati proprio alla presenza della terra rossa in grotta. Ma anche la pedologia che egli studia con grande perizia, spesso si intreccia con lo studio del carsismo, se andiamo poi a consultare una sua mirabile e ampia monografia sulla pedologia della Venezia Giulia, possiamo constatare che egli già nel 1935 accenna brevemente all’origine dei pozzi carsici. Egli li considera antichi collettori superstiti di vaste zone di raccolta delle acque meteoriche, attualmente scomparse per dissoluzione delle soprastanti masse calcaree (Fig. 39); le attuali cavità, secondo il Comel, sarebbero quindi i resti di sistemi drenanti, “decapitati” ad una certa profondità per effetto dell’abbassamento della superficie del suolo.
Se si pensa che questo concetto ancora oggi è del tutto attuale, l’averlo intuito in anni in cui lo studio del carsismo era ancora agli albori, depone in favore di quest’uomo e della sua cultura.
Il Comel pertanto va annoverato tra coloro che a Gorizia hanno contribuito alla diffusione e alla conoscenza del fenomeno carsico più in generale.



 

Bibliografia

Comel A., 1923. Alcune ricerche sull’antico lago del medio Isonzo. Tip. Gius. Iuch, Gorizia.

Comel A., 1935. La pedogenesi nella Venezia giulia. Bollettino della Soc. Adriatica di Scienze Naturali.

Comel A., 1939. Sulla terra rossa della Grotta della Jena a Castellana (Bari). Le grotte d’Italia, serie 2, vol. III.

Comel A., ( ). La “Terra rossa” del Carso è un vero terreno climatico? Estr. da “Soil Research”, vol.II, n.4.

Comel A., 1936. Ricerche pedologiche sulle “terre rosse” di Postumia. Bollett. Della Soc. Geologica Italiana, vol. LV, 1936, fasc. I.

Comel A., 1932. La “Terra rossa” della Grotta Addaura presso Palermo, “Baccone del povero”. Il naturalista siciliano, Anno XXVIII, Nuova serie, Vol. 8, 1932-XI.

Comel A., 1952. Ulteriore contributo alla conoscenza delle caratteristiche chimiche delle “Terre rosse” del Carso goriziano. Nuovi Annali dell’Ist. Chimico Agrario Sperimentale di Gorizia, Vol. II. 

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