Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”

La nascita del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” si deve ad alcuni speleologi goriziani che verso la fine degli anni ’70 sentirono un profondo bisogno di rinovamento, cogliendo così appieno i bisogni di un grosso mutamento che tutta la speleologia stava attraversando in quel periodo.
Nel 1978 alcuni speleologi, non solo goriziani, infatti, animati da spirito innovativo ed insofferenti della crescente staticità e del carattere marcatamente conservatore dell’ambiente goriziano, diedero vita ad una nuova formazione speleologica. 

Promotore di questa iniziativa fu senza dubbio Maurizio Tavagnutti che grazie anche alle forti motivazioni di alcuni altri amici, tra cui Fulvio Ladini, riuscì a creare un piccolo nucleo di persone animate tutte da un unico obiettivo: quello di creare a Gorizia un centro di interesse non solo speleologico ma di più ampio respiro rivolto cioè sia allo studio del carsismo sia a tutte quelle iniziative atte a sviluppare il senso dell’avventura.
Fulvio Ladini in questo senso ebbe un peso notevole nello sviluppo della futura attività; proveniente da precedenti esperienze alpinistiche, grazie anche alla sua disponibilità economica seppe dare la giusta chiave d’interpretazione a tutte le varie attività del gruppo.
In primo luogo venne intrapreso, in quel periodo, un modo nuovo di fare speleologia; i grossi problemi esplorativi venivano risolti superando la vecchia concezione di “gruppo”, allo scopo furono portate a termine diverse esplorazioni impegnative grazie soprattutto alla collaborazione dei migliori speleologi provenienti da più gruppi, regionali e non. 

Fu un concetto questo, di interpretare la speleologia, molto elementare se vogliamo ma fortemente innovativo nel 1978.
Fu così che assieme ad alcuni speleologi di provata esperienza provenienti soprattutto da Monfalcone, anch’essi delusi da esperienze analoghe, si diede vita a quello che poi diventerà il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”.
Inizialmente supportati da un grande entusiasmo i componenti di questo primo nucleo (Maurizio Tavagnutti, Isabella Primosi, Fulvio Ladini, Gianfranco Susmel, Ugo Stocker, Diego Pellis, Franco Jaconcic) intraprendono una serie di esplorazioni effettuate soprattutto in alta montagna.

Ed è proprio in questo periodo, sotto la spinta di alcuni buoni successi esplorativi, che si pensò di costituire un gruppo grotte vero e proprio; allo scopo vennero contattate diverse persone tra cui Graziano Cancian, allora abitante a Ferrara, il quale aderì all’idea con entusiasmo ed assieme si stabilirono le linee guida che successivamente daranno vita al nuovo sodalizio.
Nel corso di una serie di riunioni serali che venivano svolte presso una trattoria di Marcottini, tipico paesino del Carso Goriziano, si crearono i presupposti per dare una base alle idee dei giovani “cospiratori”.
Si stabilì, in una di quelle occasioni, che la futura attività del costituendo gruppo grotte doveva essere improntata sulla massima apertura verso la speleologia regionale e nazionale senza peraltro trascurare, anzi dando ampio spazio, a quella scientifica.
Al fine, perciò, di sottolineare le due anime che formavano in sostanza le linee guida del nuovo gruppo, su proposta di Graziano Cancian, fu scelta la denominazione di Centro Ricerche Carsiche alla quale venne aggiunto il nome di Carlo Seppenhofer, quello che ormai viene considerato il primo speleologo goriziano, quasi a sottolinearne le radici di provenienza.
Dopo circa un anno di effettiva attività, finalmente il 25 novembre 1978 viene così ufficializzata con atto notarile la formazione del nuovo gruppo.
I soci fondatori, Maurizio Tavagnutti, Sergio Nigris, Isabella Primosi, Massimo Szalay e Fulvio Ladini andranno così a costituire il suo primo Consiglio Direttivo.
Da prima il nuovo gruppo si riunisce nello scantinato dell’oratorio della Campagnuzza, messo a disposizione dall’allora parroco, don Cesare; nella stessa stanza in cui anni prima si era insediata la Speleo Équipe Goriziana.
Tale ritorno, quasi un segno premonitore dei tempi, potrebbe stare a sottolineare lo spirito che aveva animato l’allora gruppetto di studenti e la voglia di cambiare, la voglia di “nuovo” che animava ora la neocostituita associazione.
Nonostante gli scarsi mezzi a disposizione il giovane gruppo riesce a condurre un’intensa attività di campagna, specie in zone di alta montagna, dove l’altopiano del Monte Canin fu la sua naturale palestra.
Allo scopo, negli anni successivi, venne intrapresa una fattiva collaborazione con alcuni gruppi grotte regionali tra cui il Gruppo Triestino Speleologi di cui ricordo con piacere Matteo Moro che fu uno dei più assidui ed entusiasti collaboratori.
Rispettando lo spirito di avventura che aveva animato i primi fondatori del gruppo, nel 1979 venne organizzata una spedizione speleo-alpinistica nel lontano Perù. La meta principale era costituita dal raggiungimento della cima del Huandoy Oeste lungo l’inviolata parete Sud, una cima andina di 6350 metri situata nel Parco Nazionale dello Hascaran lungo la Cordillera Blanca. 

La spedizione, particolarmente complessa, vide impegnati in prima persona Fulvio Ladini e Maurizio Tavagnutti ai quali si affiancarono alcune guide alpine di Lecco tra cui Angelo Pinciroli per molti versi legato al gruppo goriziano da profondi motivi di amicizia.
Gli “speleo-alpinisti” rimasero nel paese latino-americano per oltre un mese e mezzo, in questo arco di tempo poterono interessarsi anche alla conoscenza del fenomeno carsico ivi esistente. Nel corso di quell’anno sia la stampa locale che quella specializzata, si occuparono molto dell’impresa dedicando non pochi articoli riguardanti i fenomeni carsici osservati nel corso della spedizione#.
Anche se un primo passo, verso la speleologia fatta oltre i confini nazionali, era già stato fatto anni prima dal Gruppo Speleologico Goriziano, era la prima volta che a Gorizia veniva intrapresa una simile impresa oltreoceano. 

Le incognite e la totale inesperienza degli speleologi goriziani, dunque, erano enormi ma ciò nonostante il tutto si risolse nel migliore dei modi, anzi, essa contribuì enormemente ad accrescere il bagaglio di esperienze che poi sarebbe servito nel prosieguo della futura attività.
La spedizione fu l’occasione anche per sperimentare, con successo, in ambiente alpinistico alcune tecniche di derivazione speleologica; fu così che tra lo scetticismo delle guide alpine, grazie alle nuove tecniche di risalita su sola corda, si poterono superare facilmente le corde fisse verticali poste sui grandi saracchi del ghiacciaio posto alle pendici del Handoy Oeste.
Negli anni successivi l’attività si concentra prevalentemente sul M. Canin con l’esplorazione dell’Abisso “E. Comici”, dove si ottennero grossi risultati raggiungendo uno dei fondi della cavità grazie alla collaborazione di speleologi inglesi e del G.T.S., contemporaneamente fu esplorato e rilevato il vicino Abisso “C. Seppenhofer”.

Furono anni di intensa attività suffragata da un grande entusiasmo che veniva moltiplicato ed ingigantito dai continui e crescenti successi; numerose furono le esplorazioni compiute anche fuori regione specie nelle cavità più importanti e conosciute sul territorio nazionale. L’Umbria ed i gessi del bolognese furono le mete preferite dagli speleologi goriziani.
Gli anni ’80 segnarono un crescendo di iniziative di grande interesse per la speleologia goriziana.
Tra le quali bisogna ricordare che nel 1981 venne allestita a Gorizia, presso la sala mostre di via Cadorna#, una corposa esposizione dedicata all’Eocene Friulano, in cui si prendeva in esame per la prima volta l’aspetto del carsismo nel Flysch.

Contemporaneamente fu indetto presso l’Istituto d’Arte cittadino un concorso studentesco per l’esecuzione di un bozzetto per un manifesto a carattere speleologico da utilizzare poi come locandina per il primo corso di speleologia del gruppo.
Come si vede, accanto all’attività esplorativa venne sviluppata anche quella scientifica e didattica. Allo scopo si incentivò un programma (per quei tempi) all’avanguardia di ricerca sulla flora batterica di interesse in patologia umana presente in alcune grotte del Carso Goriziano. L’attenzione venne successivamente spostata verso un nuovo settore d’interesse: quello delle ricerche nel campo della mineralogia, disciplina, questa, abbastanza nuova per le grotte dell’Isontino. Nel 1983 venne scoperto, infatti, nella Grotta Due Piani sul Carso Goriziano, un raro fosfato di nome “Taranakite”, si trattò in quel caso della terza segnalazione in Italia di questo raro minerale.
Tale scoperta fu resa possibile solo grazie alla fattiva collaborazione con l’Istituto di Mineralogia dell’Università degli Studi di Ferrara.
In questa ottica la partecipazione, del Centro Ricerche Carsiche, al VII Convegno Regionale di Speleologia del Friuli-Venezia Giulia svoltosi a Gorizia nel 1985, con ben quattro relazioni, è da considerarsi un vero e proprio espluà giunto non per caso ma fortemente voluto e propiziato da una precisa politica in tal senso; i principali fautori di tale risultato furono i soci Maurizio Comar e i già ricordati Cancian e Tavagnutti.
Di pari passo proseguì l’attività didattica con l’organizzazione di corsi di speleologia di 1° livello sotto l’egida della Società Speleologica Italiana, nonché con conferenze e proiezioni didattiche nelle scuole del goriziano.
In quest’ottica rientra anche l’organizzazione del 1° Seminario Nazionale di studi sul fenomeno carsico nel Flysch, svoltosi a Taipana (UD) nel settembre del 1987, grazie soprattutto alla disponibilità del piccolo comune prealpino e alla collaborazione del dott. Franco Vaia e del dott. Giorgio Tunis.
Singolare il fatto che esso fu organizzato in collaborazione della Scuola Nazionale di Speleologia del C.A.I. per ottenere la quale si dovette chiedere il patrocinio della sezione del C.A.I. di Cividale in quanto quella goriziana fu nettamente contraria a concederlo, anzi, cercò in tutti i modi di boicottare l’iniziativa.
Ancora una volta quindi, come si vede, venivano messi in evidenza i limiti di un modo di pensare non più al passo con i tempi; non si era capito in sostanza che un fatto di simile portata avrebbe portato lustro all’intera comunità speleologica goriziana e non al singolo gruppo, perciò con una logica perversa si remò contro un’iniziativa di estremo valore.
Nel frattempo, l’aumentato numero dei soci, avevo indotto i responsabili del gruppo a cercare una nuova sede sociale più prestigiosa e adeguata ai tempi; fu nel periodo che va dal 1981 al 1983 che approfittando di una circostanza favorevole, si insedio nei locali sino ad allora occupati dal Circolo Universitario Goriziano nel centralissimo Corso Verdi. Favoriti in questo senso dalla presenza di ampi locali e facilmente raggiungibili, il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” poté in quel lasso di tempo organizzare diverse manifestazioni pubbliche, ma soprattutto organizzò alcuni corsi di speleologia i cui allievi sarebbero stati poi per lungo tempo i principali protagonisti della vita del gruppo.
Purtroppo la diversa destinazione d’uso dei locali intervenuta nel frattempo costrinse il sodalizio a cercare una nuova locazione.
Fu solamente nel 1984, grazie alla disponibilità dell’Amministrazione comunale di Gorizia, che esso poté prendere possesso della sede di via Diaz n. 13.
L’ambiente vecchio e malandato costrinse i soci del gruppo ad un periodo di duro lavoro in cui essi si trasformarono in improvvisati muratori, piastrellisti, falegnami, elettricisti e quant’altro serviva per renderlo abitabile.
Tale lavoro però contribuì enormemente ad amalgamare i diversi caratteri dei soci e per un innato senso di orgoglio a sviluppare quel cameratismo che poi sarebbe tornato utile per le grandi esplorazioni in Canin.
Nel frattempo proseguì anche l’attività di campagna con l’esplorazione di numerose cavità sia in alta montagna sia sulle Prealpi Giulie, in particolare nella zona di Montefosca (Pulfero) e di Prossenicco (Taipana), i risultati di queste campagne speleologiche vennero puntualmente pubblicati su riviste o con comunicazioni ai vari congressi dove il gruppo era presente.
In quest’ultima zona il gruppo fu particolarmente presente tanto che il Comune di Taipana, essendo il paese di Prossenicco sotto la sua amministrazione, concesse al sodalizio goriziano l’uso di un prefabbricato da adibire a rifugio speleologico. 

Fu nel 1985 il fortuito incontro con alcuni speleo austriaci che diede l’avvio ad una intensa, costruttiva e reciproca collaborazione al punto che alcuni di essi# divennero soci del Centro Ricerche Carsiche e assieme si iniziò un lungo periodo di grandi esplorazioni.
Si cominciò nel 1986 con il raggiungimento del fondo dell’Antro del Corchia in Toscana, l’esplorazione del “Bus della Genziana” sull’altopiano del Cansiglio e la ripetizione di alcune importanti verticali in Canin.
Ma la stagione delle grandi esplorazioni però era appena iniziata, assieme ai nuovi soci austriaci nel 1987 fu la volta del fondo del Goufre Berger in Francia, una cavità profonda oltre mille metri, tra le più importanti della storia speleologica del dopoguerra e perciò avvolta ancora in una sorta di alone mistico.
L’esplorazione di tale abisso fu resa possibile anche grazie alla collaborazione degli speleologi francesi del Groupe Speleologique Valentinois di Valence, assieme al quale fu possibile visitare alcune delle più significative cavità del Vercors.

Di pari passo ai successi esplorativi, procedevano gli studi e le ricerche di carattere prettamente scientifico di cui Graziano Cancian fu senza dubbio il principale artefice.
Sotto la sua guida vennero condotte, come si è detto, diverse campagne di ricerca sia in campo biologico sia in quello mineralogico, senza per altro trascurare alcune accurate indagini sull’idrologia sotterranea del Carso Goriziano. Mentre per quanto riguarda la biologia e la mineralogia abbiamo già avuto modo di parlare, non dobbiamo dimenticare l’intensa campagna di ricerche sulla presenza delle acque ipogee dell’altopiano carsico posto tra Gorizia e Monfalcone. 

Notevole fu in quell’occasione il dispendio di energie profuse dai singoli soci del gruppo per la quasi quotidiana campionatura effettuata nelle principali cavità del vicino altopiano, tra essi si distinsero Valter Bordon e David Pintar.
Purtroppo, come accade spesso nella vita dei gruppi speleologici, il 1987 vide anche all’interno del gruppo uno scontro tra le diverse personalità che animavano la vita sociale. Fu così che per motivi banali, ma che ormai si erano radicalizzati, alcuni soci tra i più validi fuoriuscirono dal Centro ed andarono a formare successivamente la Società di Studi Carsici “A.F. Lindner” con sede a Fogliano, tra essi Graziano Cancian, Ugo Stocker, Diego Pellis, Alfio Prodan e Maurizio Comar.
Fu senza dubbio un avvenimento che contribuì in modo negativo allo sviluppo successivo dell’attività del gruppo in quanto in un solo colpo veniva a mancare tutta la componente scientifica dello stesso.
Fortunatamente però ci fu in quel periodo anche un forte spirito di ripresa che animava i soci del sodalizio che ben presto portarono a risollevare le sorti dell’associazione ed anzi ebbero l’opportunità di intraprendere una nuova strada nelle attività esplorative.
Fu così che nel 1988 arrivò il momento dell’esplorazione più difficile.
La prima ripetizione assoluta dello Stierwascherschacht, il grande pozzo di 355 metri di profondità che si trova all’interno della Hochlecken Grosshöhle una grotta situata nella zona del Salisburghese in Austria, essa costituiva uno dei problemi più interessanti della speleologia del momento.
L’abisso era stato esplorato per la prima volta da un gruppo francese e poi ripetuto e reso famoso da Andrea Gobetti, ai tempi del mitico “mucchio selvaggio”, esplorazione che egli effettuò negli anni ’70 e che descrive in modo avvincente e coinvolgente nel suo libro “Una frontiera da immaginare”.
Senza dubbio tale impresa fu uno dei massimi risultati ottenuti dal gruppo in campo esplorativo, all’epoca lo Stierwascherschacht era ancora considerato il pozzo interno più profondo e pericoloso d’Europa. In quell’occasione la grande verticale venne anche minuziosamente rilevata topograficamente, risultò così che invece di essere profonda 350 metri come si era sino ad allora ritenuto, essa risultò essere di 355 metri#.
Nello stesso anno il gruppo fu presente, con Claudio Galliani e Giuliano Glessi, alla spedizione “Islanda ‘88” dove vennero visitate diverse cavità vulcaniche; 
anche se di piccole dimensioni la loro esplorazione rappresentò un test significativo sulle capacità organizzative del sodalizio goriziano. Ormai la via era aperta, pertanto la presenza nella grande isola nordica fu ripetuta con successo l’anno seguente con la spedizione “Islanda ‘89”.
I crescenti successi in terra straniera però non fecero trascurare la speleologia di casa nostra, nel periodo pasquale 1990, infatti, assieme ai soci austriaci venne portata a termine una breve campagna esplorativa in Calabria in collaborazione con il locale Gruppo Speleologico “Monte Sparviere”.
Durante il breve soggiorno, nella zona del crotonese in territorio comunale di Verzino e in parte di quello di Cerenzia, vennero visitate e rilevate diverse grotte ad andamento orizzontale, ma soprattutto si constatò la presenza di un carsismo estremamente diffuso e completamente sconosciuto.
In quell’occasione si poté esplorare anche la “Grava Grubbo” una grotta orizzontale, impostata nel gesso, che a tutt’oggi risulta essere tra le più estese in Italia.
Il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” fu tra i promotori di un nuovo corso del “Triangolo dell’Amicizia” una manifestazione, questa, nata per promuovere la collaborazione tra i gruppi grotte della vicina Slovenia, della Carinzia e dell’Isontino. 

Allo scopo, come è già stato ricordato, esso nel 1987 fu l’organizzatore della settima edizione di tale manifestazione che si svolse nei giorni 29-30-31 maggio a Taipana (UD). Questa, oltre ad essere stata una tra le edizioni meglio riuscite, fu una tappa importante per lo sviluppo dei successivi incontri in quanto in quella occasione vennero svolte delle tavole rotonde di notevole interesse che avevano lo scopo di dare l’avvio ad un nuovo corso allo svolgimento del “Triangolo dell’Amicizia”.
Durante quell’incontro, infatti, furono trattati diversi problemi inerenti l’esplorazione di cavità poste a cavallo di un confine, tema questo che doveva essere poi ripreso ed approfondito negli incontri successivi.
Nel campo dell’editoria il C.R.C. “C. Seppenhofer”, conscio dell’importanza di avere a disposizione un mezzo dove poter pubblicare i resoconti della propria attività e i risultati delle ricerche effettuate, sin dagli inizi si preoccupò di dar vita ad una rivista autonoma.
Per questa pubblicazione venne scelto il titolo di “Sopra e sotto il Carso” proprio per sottolineare l’ambivalenza dell’attività svolta dal gruppo; si voleva in questo modo dare spazio a tutto quello che poteva interessare l’aspetto superficiale del carsismo e nello stesso tempo a quello ipogeo.
L’iniziativa risultò di estremo interesse in quanto portò, in tempi recenti, alla pubblicazione tematica di argomenti di interesse generale e specifico che davano alla rivista una valenza notevole la quale andava oltre alla semplice stampa di un notiziario di gruppo.
Dai primi bollettini pubblicati con mezzi di fortuna, quasi artigianalmente, si passò nel 1990, infatti, al primo numero della rivista fatto interamente a stampa con copertina in quadricromia ma dal contenuto ancora a carattere di notiziario, nel 1995 invece si decise per una veste decisamente nuova che prevedeva il carattere monografico della rivista.
Fu questo, ed è un punto di forza della nuova pubblicazione in quanto in tal modo l’interesse per gli argomenti trattati poteva suscitare la curiosità non solo degli addetti ai lavori ma di un più ampio pubblico.
Era questo lo spirito con cui il Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” ha voluto proporsi all’attenzione di un contesto cittadino sempre più attento all’ambiente che lo circonda.
Il 1990 segna purtroppo anche la perdita del rifugio speleologico di Prossenicco, una legge regionale intervenuta nel frattempo obbligava, infatti, le amministrazioni comunali delle zone terremotate a demolire i prefabbricati allestiti nel 1976. Fu comunque una perdita di breve durata, ben presto venne individuata a Loneriacco, non lontano da Tarcento, una nuova costruzione da adibire a base per le proprie attività speleologiche.
Grazie alla disponibilità della signora Puicher-Lirutti di Udine, il sodalizio goriziano ottenne l’uso di un edificio rustico, situato in località Villafredda, il quale ben presto diventò quello che è stato riconosciuto come l’unico rifugio speleologico della regione Friuli-Venezia Giulia, esso fu intitolato ovviamente a Carlo Seppenhofer.
La nuova ubicazione della struttura, non più isolata ed in mezzo a suggestivi boschi come quella di Prossenicco, perdeva in fascino ma acquistava in praticità, comodità e capienza, inoltre la sua posizione baricentrica rispetto al centro abitato di Tarcento e l’importante zona carsica di Villanova delle Grotte, costituivano un indubbio vantaggio per lo svolgimento delle varie attività programmate sia dal gruppo goriziano sia dalle molte associazioni che ne hanno fatto richiesta.
L’organizzazione del 14° Triangolo dell’Amicizia, svoltosi nei giorni 24, 25, 26 giugno 1994, e che vide impegnato in prima persona il Centro, unitamente alla Federazione Speleologica Isontina, fu la prima occasione per utilizzare il rifugio in tal senso.
In quel frangente, l’alto numero dei partecipanti costrinse l’organizzazione a richiedere anche la collaborazione degli abitanti di Loneriacco i quali in seguito prestarono il loro contributo ad altre varie ed analoghe iniziative.
La struttura fu così impiegata in molte circostanze tra le quali posso ricordare il 2° Seminario Nazionale di studi sul fenomeno carsico nel Flysch, del 1996; importante assise di lavoro che faceva seguito a quella dl 1987 e che in pratica ne rispecchiava le tematiche di fondo ma che diede la possibilità al sodalizio goriziano di pubblicare una ricca monografia interamente dedicata a questo particolare tipo di fenomeno.
Il rifugio inoltre ospitò in tempi recenti il 1° Corso Regionale di accertamento per istruttori di speleologia della Commissione Nazionale Scuole di Speleologia della S.S.I.
Avvenimento, questo, che avrebbe fatto da apripista per ulteriori ed analoghi corsi e soprattutto sarebbe diventato poi una tappa fondamentale nell’evoluzione della storia delle Scuole di Speleologia della regione Friuli-Venezia Giulia. Il successo di partecipazione ottenuto in questo frangente indusse la Federazione Speleologica Regionale, che si era costituita nel frattempo, ad organizzare ulteriori corsi a livello regionale, tra questi ricorderò quello sul rilevamento topografico in grotta e quello dedicato all’editoria speleologica intitolato “Leggere la Speleologia”.
Per quanto riguarda la documentazione sulle vicende più recenti legate alla vita di questo gruppo ritengo non sia questa la sede più opportuna per una loro analisi, essendo esse ancora in fase di svolgimento.
L’attività del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” naturalmente, si spera, non sia destinata ad esaurirsi tanto presto, mi auguro perciò che essa vada ad arricchire un altro e prossimo capitolo della lunga storia speleologica goriziana.

 


 

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